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334 l'ombra del passato

e s’era vestito da signore, e per non esser riconosciuto aveva messo una barba nera finta.

— Come la va, selvaticone? Son due giorni che ti cerco!

Adone si lasciò anche abbracciare: gli parve di sentire un odore di morte uscir dalla bocca grigiastra dell’infelice. Ah, come serbar rancore contro quel morto che camminava ancora?

Egli mentì, per scusarsi.

— Sono stato fuori... Ora volevo venire da lei. Come sta? E la sua signora?

— Camminiamo, — disse l’altro, avviandosi lungo la strada solcata da due strisce di fango lucente. Benissimo. Mia moglie è rimasta a Salsomaggiore. Vieni.

— Sono scalzo.

— E che hai paura d’andar scalzo? E che hai paura? Fa bene. Dimmi dunque: come va, come va?

Egli quasi correva: pareva volesse riscaldarsi al sole. Adone lo seguiva, turbato, sorpreso, scalzo, a testa nuda, coi capelli arruffati sulla fronte rosea.

Pensava:

— Ora mi parlerà della lettera. Ecco perchè non mi ha risposto! Voleva parlarmene.

Davide camminava e parlava rapidamente, domandando e non ascoltando le risposte del vicino. La sua voce era alta e rauca, ma a momenti pareva spegnersi come la voce d’uno che ha troppo gridato: il suo viso non sorrideva.

Dopo molte domande ne fece una che impressionò Adone: