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316 l'ombra del passato


Vinto il suo primo stupore, Caterina lo afferrò a sua volta per le braccia e lo scosse, come per svegliarlo dal suo sogno maligno.

— Torna in te! Tu vaneggi! Tu sogni!

Egli infatti parve svegliarsi. Come aveva fatto un’altra volta usci fuori e sedette sullo scalino della porta. Ella gli si mise accanto, gli prese una mano e gli domandò:

— Che cosa ti ho fatto? Per uno scherzo mi maltratti così? Io so però quello che tu hai! Sei tu che sei stanco di me!

Egli non rispose: ella ripetè con dolore:

— Sì, sei stanco di me! Ah, lo so, il perchè!...

Ed egli sentì come un soffio gelato battergli li volto: guardò Caterina, nell’ombra, accostò il viso al viso di lei:

— Dimmi subito che cosa pensi.

— Niente!

— Caterina! Dimmi subito che cosa pensi o me ne vado via e non mi vedrai più!

Le strinse di nuovo il braccio. Allora Caterina levò il viso; guardò lontano, nella notte silenziosa.

— Ebbene, sì! Tu hai detto che io voglio la tua roba... la roba della tua zia... Ed io ti dico invece che sei tu che non mi vuoi più... perchè sono povera e ignorante... Come si può voler bene a una zingara? — ella disse con rancore, alzando la voce e dimenticando ogni prudenza. — La zingara è rimasta zingara! Ella non ha niente: è vestita male, ha i zoccoli ai piedi. E tu... tu ami le scarpette! Eh, puoi diventare ricco!