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314 l'ombra del passato

volta in vita sua egli pensò con dolcezza alla morte. Sì, andarsene: andarsene lontano, verso una isola misteriosa, nella città sepolta sotto il fiume. A che vivere? Gli pareva che qualche cosa fosse già morta in lui, e che la parte di sè ancor viva soffrisse nel dover trascinare il peso della parte già morta. Un tempo egli aveva amato la vita come il bambino ama la madre, anche se ella non lo ama. Ah, ecco, avevano ucciso anche questo suo amore.

Fin verso la fine di luglio visse così, come paralizzato. La sera, quando si recava da Caterina, non rideva e non chiacchierava più. Se ella gli accennava all’affare del testamento egli s’irritava. Una sera parve svegliarsi dal suo letargo. In quel tempo Caterina tesseva stuoje di giunco per un negoziante di Casal Bellotto, che ogni tre o quattro giorni veniva a ritirarle. Un giorno egli arrivò accompagnato da un negoziante di cavalli della Croazia, un bell’uomo alto e rosso con due lunghissimi baffi dorati.

Il croato guardò Caterina, così forte e graziosa col suo fazzoletto nero e le gonne corte, e disse in cattivo italiano che desiderava «una serfa per tutti i mesi dell’inferno» perchè sua moglie, in Croazia, doveva partorire.

— Questo qui paga bene, — disse il negoziante di stuoje, battendo una mano sulle spalle del Croato.

— Sì, pene: dieci fiorini al mese, qualche regalo e il fiaggio pagato.

— Vengo io! — disse Caterina, scherzando.