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l'ombra del passato 313


Ma egli rifiutò: quella grande camera fresca e solitaria era per lui quasi sacra: il letto sul quale gli erano stati rivelali i misteri della morte e della vita gli sembrava un altare.

E continuò a dormire nel suo cfamerone. Pirloccia aveva già invaso anche quell’angolo remolo della casa, deponendo dietro l’uscio un mucchio di manichi di scope. Adone non protestò: più che mai gli pareva essere un uccello di passaggio, in quella casa che era la sua. E desiderava andarsene. Dove, non sapeva. Anche l’idea di andarsene nella casetta di Caterina, e vivere assieme con la vecchia fumatrice e brontolona, gli ripugnava.

Egli sognava un luogo remoto, una casetta in mezzo a un’isola del Po: tornava a fantasticare, come da bambino; ma non ne provava gioia perchè si accorgeva che fantasticava! Tutto gli pareva illusione. Arrivò persino a credere di non amar più Caterina e di non esserne riamato. L’amore non esisteva: nulla più esisteva nel mondo: tutto era menzogna, ombra senza fine.

Egli ricordava certe sue impressioni d’infanzia, quando le più piccole cose gli destavano meraviglia e tutto gli sembrava grande e misterioso. Ricordava d’essersi una notte fermato davanti a un palo, che gli era parso un ponte fra la terra nera e il cielo luminoso. Le impressioni, nella vita, son così, egli pensava. Le cose grandiose? I punti di congiunzione fra la realtà e l’infinito? Pali fracidi pronti a cadere. E a che vivere allora? Per la prima