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26 l'ombra del passato


— Ma che credi si ammazzino dentro casa? — disse l’altro ridendo. — Si impiccano agli alberi: ne ho veduto penzolare dieci o dodici.

— Bene, finitela con queste storie, — pregò Tognina, che aveva una grande paura della morte e non amava che se ne parlasse. — Giuanin, stura piuttosto quest’altra bottiglia.

Giovanni sturò la bottiglia, e tutti presero a parlare di cose più allegre. Ma Adone, che se non amava il Pirloccia, ne ascoltava avidamente le storielle, continuò a pensare a Montecarlo, agli uomini che penzolavano dagli alberi, a quelli che se non s’impiccano diventano ricchi; e cominciò a fantasticare cose bizzarre, tanto che dimenticò persino le uova false. Se ne ricordò nel pomeriggio, quando frugò nuovamente nella cesta, stando questa volta attento a non sporcarsi la camicetta nuova, a quadratini bianchi e neri, alla quale teneva moltissimo. Ma era già tardi, ed egli doveva andare dalla mamma. Prese dunque due soldini, uno per mano, cacciò le manine dentro le saccoccie dei calzoncini nuovi — chiusi dietro e davanti! — e s’avviò.

La mamma stava a Co’ de’ Brun, che era una specie di sobborgo di Casalino, o per meglio dire il quartiere dei poveri. I ricchi e gli aristocratici, cioè i mercanti e gl’industriali, stavano tutti verso la chiesa.

Il ragazzetto doveva fare circa venti minuti di strada per arrivare dalla sua mamma. Attraversò tutto il paese. Era l’ora del passeggio: le fan-