Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
290 | l'ombra del passato |
— Il libro del perchè non «è ancora scritto! ella rispose, coi suoi soliti modi sgarbati. — Andiamo su, piuttosto, in camera: voglio farti vedere una bella cosa.
Egli la segui nella vasta camera, sulla cui trave, sopra la finestruola, si vedevano parecchi nidi di rondine che sembravano escrescenze del legno grigiastro.
La vecchia apri il cassettone e cominciò a frugarvi dentro, borbottando. Una lieve tosse rantolosa le usciva con un suono stridente dalla gola, assieme con le parole sconnesse. Da qualche giorno ella si lamentava, ricordando d’aver sofferto una bronchite, dieci anni prima: credeva di provarne di nuovo i sintomi.
— Ho combattuto col nemico, allora! Ma lui è rimasto qui nascosto: lo senti, viscere? (e si battè lievemente sul petto il pomo del bastone). È venuta la mia volta, ora! Un bel momento anche la Suppèi deve cadere, col suo cappello, il suo bastone, la sua pipa, come un burattino morto! Arriva l’ora per tutti, caro: anche per l’arciprete; anche per i bimbi che ancora devono nascere! E finite le storie! Che rimane di noi, allora? Le buone opere. Ora dunque tu, prima di partire, devi farmi un piacere. Devi scrivere a mio figlio Giorgio. Caterina non ha voluto scrivergli. Ella dice: «Perchè volete annunziargli la vostra morte prima che sia avvenuta?» E l’arciprete, dicono, non si è fatto scriver la lapide essendo ancor vivo?