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rivava a crederla alquando degenerata, come tutti i Dargenti.

Ella lo guardava per semplice capriccio, per divertirsi. Questo pensiero lo umiliava: ma egli provava gusto a tormentarsi. Castigava così il suo principio d’infedeltà verso Caterina.

Così avvenne che egli cominciò a pensare con desiderio e con tristezza alla sua partenza. Tutto doveva finire. Le notti diventavano fresche, e qualche volta, quando egli tornava dal solito convegno, si trovava circondato da una nebbia vaga e chiara, attraverso i cui veli si scorgevano ancora le stelle. Vapori grigiastri ondulavano sul fiume e sui campi: ed egli talvolta s’immaginava di attraversare non l’argine, ma un ponte gettato su un immenso stagno circolare. E gli pareva che alle due estremità del ponte sorgessero due fantasmi, ognuno dei quali lo attirava a sè con forza magica. Egli andava dall’uno all’altro, come una spola, tessendo la tela grigia della sua inutile giovinezza.

Un giorno Maddalena partì: e subito dopo egli senti dire che ella s’era fidanzata con un ricco proprietario di Casalmaggiore: quello stesso biondo che gli aveva una volta destato una instintiva gelosia.

Egli non ne provò gioja nè dolore: era certo che Maddalena si sposava senz’amore, e sentiva pietà di lei; ma a questa pietà si univa talvolta un vago rancore.

Il presunto fidanzato non era nobile, e neppure bello: ma che volete, — pensava Adone, — i tempi son difficili, anche per le signorine nobili e ricche.