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Del resto, anche lei non lo guardava.

Pareva che ella non guardasse o non vedesse nessuno. La signora Maria doveva guardare e salutare per la nonna e per la nipote. Questa, quando usciva a piedi, camminava come in sogno, col suo passo lieve, coi suoi pensieri che, a giudicarne dal suo viso severo, quasi arcigno, dovevano essere gravi e superbi.

Una sera ella ritornò a «teatro».

L’accompagnavano due signori e una signorina, ospiti della marchesa. Tutti e quattro, signorine e signori, erano vestiti di bianco, e il «teatro» parve assumere un altro aspetto, più luminoso, più gajo, quando il gruppo elegante e profumato apparve sull’ingresso.

Questa volta gli artisti furono più disinvolti. La fisarmonica intonò un ballabile relativamente moderno, «Sulle rive del Danubio», e tutti i volti si animarono di gioja. Soltando Adone recitava male, e pareva lo facesse per dispetto.

Alla recita, quella sera, assistevano la sua mamma, Eva e Reno, i cui occhi grigiastri e selvaggi non abbandonavano per un momento il viso del fratello. Anche la mamma lo guardava con ammirazione. Egli non aveva vergogna della sua famiglia: tutt’allro; ma la presenza della sua povera mamma e del fratello infelice gli ricordava la sua condizione e tutta la tristezza della sua esistenza umile.

Non volle neppure aggiungere il famoso verso della barba del diavolo. Pensava: