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zioni, e il paese natio basta visitarlo una volta all’anno. Le ragazze quindi si annoiano. Anche lei deve essere a secco di adoratori se si diverte a guardare il povero maestro del villaggio.

— Eh, ma sono un giocattolo, io? — egli protesta con sè stesso. — Non permetterò ch’ella si prenda gioco di me.

Ma d’un tratto egli rivede davanti a sè, nell’ombra del viottolo, gli occhi dolci e carezzevoli di Maddalena, e di nuovo ricade nel sogno vago e misterioso che lo ha accompagnato lungo l’argine.

Davanti al cancello si ferma, Le ombre dei pioppi si allungano sul prato bianco di luna: sulla nuvola nera degli alberi del parco il palazzo si disegna, giallognolo, con le ombre dei cornicioni, delle loggie, delle terrazze, come dipinto.

Sulla balaustrata dell’ingresso i vasi di smalto brillano alla luna e dal giardino sale un profumo di erbe e di gerani. Tutto come nel tempo lontano in cui egli, attaccato alle sbarre del cancello, guardava curioso, avido di mistero, fissando gli occhi nelle ombre del parco. Ora gli pare di esser ritornato bambino; ma il mistero che quel luogo di sogni racchiude ora, è più intenso, più attraente. Forse è ancora illusione; egli pensa; il sognatore è sempre un bambino: tutta la sua vita è una lunga infanzia.