Pagina:L'ombra del passato.djvu/27


l'ombra del passato 23


— La gallina.

— La gallina non è una persona, va là! — osservò giudiziosamente il ragazzetto.

Frese i gusci, li mise delicatamente uno dentro l’altro, pregò la zia di dargli un pezzetto di pasta e si ritirò nella camera bassa, una specie di cantina grande, e quasi buia, che serviva soltanto di ripostiglio ed era ingombra di oggetti inutili.

Egli si avanzò verso l’angolo più buio, e s’inginocchiò davanti a una cesta, dalla quale incominciò ad estrarre gli oggetti più disparati; stracci bianchi e di colore, ossa, sacchetti colmi, scarpe, bastoncini, una pentolina, una bambola, una stecca da busto, un pennello, una bottiglia...

El ghè, el ghè! — egli mormorava, con gioia, palpando ogni nuovo oggetto. Poi rimise tutto dentro la cesta; lasciò fuori solo il pennello, la pentolina e i gusci, deciso di tentare, più tardi, la composizione delle uova false. Per il momento la fame lo spingeva di nuovo in cucina. Assistè con attenzione avida a tutti i preparativi del pranzo. Di tanto in tanto buscava qualche cosetta: un pezzettino di formaggio, un pezzettino di burro: non sdegnava neppure il lardo già pestato col prezzemolo.

Tutto era buono. E ogni volta rideva, gorgheggiando, come i rondinotti dell’atrio quando la madre rondine portava loro qualche insetto.

La Tognina, triste e taciturna, andava e veniva e si curava poco del ragazzetto. Tirò fuori sei bottiglie di lambrusco, e il più bel salame ch’ella conservava ancora fra la cenere.