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l'ombra del passato | 257 |
qua lattea e azzurrognola; a sinistra dell’argine, sopra una fascia di vapori argentei che si elevava sempre più come una muraglia fabbricata da giganti invisibili, brillava qualche stella verdognola.
— Sì, — pensava Adone, — egli è malato, si vede: egli deve morire e lo sa!
E gli pareva di condurre, nel suo carrozzino traballante, uno di quei fantasmi ai quali credeva Caterina. Ma appunto per questo sentiva più venerazione per Davide: ogni sua parola gli sembrava piena di profondi significati. Eppure l’altro parlava di cose semplicissime.
— Faceva caldo, a Casalino? Le notti erano già umide? Chi c’era in paese, ora? La marchesa era arrivata?
— Sì, l’ho veduta che andava in chiesa: è molto invecchiata.
— Lo era già trent’anni fa! — osservò Davide, che non rideva mai, ma diceva qualche frase spiritosa. — Raccontami, e la nipote l’hai veduta?
— Sì: era vestita di bianco; sembra una mosca nel latte, — disse Adone, incoraggiato dall’esempio dell’altro.
— Anche quella va in chiesa? E il prevosto come sta? Anche tu sei stato in chiesa?
— Io? No... io...
In quel momento egli fu tentato di partecipare a Davide i suoi progetti, la promessa di Caterina, e domandargli consiglio; ma l’altro interruppe:
— Raccontami: chi c'è a Casalino?