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250 | l'ombra del passato |
— Sì, cocco-drillo. Va bene; allora il pesce...
— È un anfibio, — osservò il vecchio maestro, che sedeva al posto d’onore, di fronte a Pirloccia.
— Scusi tanto: le dico, è un pesce, — affermò l’ometto. — L’ho visto io! Sta nel fiume, è nero: quando galleggia pare un pezzo di legno. Uno si avvicinava alla nostra barca carica di scope: lo tenemmo a bada buttandogli di tanto in tanto una scopa che esso afferrava coi denti e riduceva a pezzi. Ne ho veduto un altro che si mangiava una vecchia, con le vesti e tutto: non lasciò che la collana.
— Corpo! — gridò j| cordaio. E il bambino, coi grandi occhi azzurri ridenti, ripetè: Lana? Lana? — e tutti risero con orrore e con beffe.
Solo la vecchia Suppèi scosse la testa con pietà, come per dire: «non la fai a me» e Adone domandò:
— E dopo ha pianto, l’animalaccio?
- Sì, sì, ha pianto, — rispose convinto l’ometto.
Allora la vecchia protestò, e domandò come mai Adone poteva credere a queste cose, egli che non credeva in Dio.
— Invece, come appunto è vero Dio, — disse Pirloccia, battendosi la mano spiegata sul petto, e sempre rivolgendosi alla vecchia, — vi assicuro che è vero quello che dico. Se non volete credere venite con me in Egitto, quando ci torno.
E tutti di nuovo risero; e l’allegria aumentava a misura che Tognina rimetteva lungo il muro le bottiglie vuote.