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e tutti i figli del Pirloccia, compreso Agostino il gemello, che per l’occasione aveva fatto pace con la famiglia. Donne poche. E Tognina, al solito, non si faceva davvero notare per il suo spirito e la sua grazia. Piccola e nera, ella andava e veniva, silenziosa e leggera come un gatto, e quando sedeva a tavola nessuno badava a lei, che pure aveva preparato con la zia Elena le buone vivande e il bissolan di pane di Spagna, e una fila di bottiglie intatte lungo il muro.

I figli del Pirloccia si mostravano amabili con gl’invitati, e specialmente con la vecchia Suppèi e con Caterina.

Ma Adone sentiva che quelle amabilità erano finte, e capiva che i Pirloccia erano contenti per la sua probabile prossima partenza dalla casa della zia.

Seduto accanto alla Suppèi, che aveva attaccato il bastone alla spalliera della sedia, Pirloccia raccontava le sue solite avventure di viaggio. Tutti sapevano ch’egli esagerava, ma appunto per questo lo ascoltavano volentieri.

— Una volta ero in Egitto. Sì, c’è un paese che si chiama Egitto (egli si volse galantemente alla vecchia Suppèi). Non è neppure distante. Tutte le cose son diverse, là. Perciò noi diciamo spesso «che roba d’Egitto!» Ebbene, in questa regione ci son bestie feroci, leoni, orsi, e un pesce grosso coi denti che si chiama coccodrillo...

— Drillo? Drillo?... — ripetè il bambino di Carissima, che ascoltava attentamente.