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l'ombra del passato | 237 |
poco da lei. Egli cercava di catechizzarla, di spiegarle i suoi principî: le parlava di matrimoni ideali, senza sindaco e senza prete, ed ella non si scandalizzava, non discuteva neppure.
Questa docilità di lei, che in fondo gli dispiaceva perchè gli sembrava un segno di poca intelligenza, finì col persuaderlo a tentare un colpo da lungo tempo meditato.
Una sera, verso la metà di agosto, egli e Caterina si trovavano sotto il pergolato, mentre la Suppèi, nell’interno della casetta, rimetteva in ordine le stoviglie e cantava con la sua grossa voce una monotona cantilena religiosa. Adone ascoltava e si sentiva triste: il canto primitivo della vecchia gli destava come la nostalgia della fede perduta.
A un tratto egli disse:
— Ho incontrato l’ebreo lungo l’argine. Come mi ha guardato!...
— Ancora? — gridò Caterina. — Ti ho detto che è una cosa finita! Lascialo stare.
— Eh, no; voglio dirti una cosa, anzi!...
Ma ella cominciò a smaniare, e siccome Adone insisteva, si alzò, entrò in cucina e si mise ad accompagnare il canto della nonna.
Non seppe perchè, egli sentì voglia di piangere.
Caterina tornò fuori, ed anche la vecchia sedette sullo scalino della porta: il cattivo odore della sua pipa si sparse nell’aria tiepida e irritò il giovine.
Egli si alzò e fece la solita preghiera:
— Nonna, lasciateci andare a passeggio!