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230 | l'ombra del passato |
domandò se la ̈Müton era contenta del matrimonio di Davide.
— Egli le manda un marenghino ogni mese, diceva Carissima. — Ora le ha mandato molti quattrini per accomodare la casa.
— Ecco dunque che anche per lei è venuto il giorno! — disse Adone, allegro, ma di una letizia un po’ cattiva, ricordando il ritornello della vecchia zolfanellaja. — Ora voglio andare a trovarla. No, prima voglio veder la zia.
La zia era nella sua camera e rifaceva il letto, coprendolo e appianandolo con attenzione religiosa.
— Va in là, caro, — disse al nipote, vedendolo balzare in camera come un lepre.
— Sentite, zia, ho da parlarvi. Meglio subito. No, state tranquilla, non tocco le sedie: e neppure la conserva. Zia, ho da farvi una domanda: avete voi coscienza?
La donnina si drizzò, lo guardò inquieta. Adone andò e chiuse l’uscio: nel ritornare verso il letto vide nei piccoli occhi lattiginosi della zia tale un’espressione d’inquietudine che gli ritornò in mente un antico sospetto. Gli parve che Tognina fosse tormentata da un rimorso.
— Ho veduto Agostino, — disse subito, toccando per istintivo ricordo le spalliere delle seggiole.
— È lui che vi domanda se non avete una coscienza. Perchè non lo prendete in casa? Gli altri sì: lui no!
— Ma che vada a farsi benedire! — gridò Tognina, ricurvandosi per accomodare la coperta.