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226 l'ombra del passato

sene, di liberarsi di loro, come un tempo anelava liberarsi del suo mantellaccio che pur gli era necessario.

Al ricordo del mantellaccio sorrise. Ecco un indumento che i topi avevano sempre rispettato!

— Bisogna mettere le trappole, — egli pensò, riaddormentandosi. — È che son tanti! Mille, forse! Davide diceva che la marchesa aveva paura dei topi: ora capisco! Temeva le rosicchiassero i vestiti. Io non li temevo perchè non avevo niente... Ora... il mio vestito, le calzette gialle e nere... ah, è dentro, eccolo, ti ho preso! Come è caldo!...

Gli parve di aver preso un topolino, entrato in una delle calzette: vide Caterina che si curvava a guardare, trasalì, si accorse di sognare, e rise piano piano, come un bimbo, addormentandosi.

S’alzò presto e fece un giro pei campi. Il sole non ardeva ancora, ma l’erba gialla delle cavdagne, gli acini verdi e duri dell’uva già grossi, i fichi maturi, rivelavano l’estate inoltrata. Egli si fermò vicino alla melonaja, osservando che i cocomeri quell’anno erano molto in ritardo. Egli se ne intendeva! Ricordi tristi e lieti pareva esalassero, col profumo dell’erba, da quei luoghi che avevano conosciuto la sua infanzia tormentata!