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l'ombra del passato 19

come usava d’inverno quando conduceva con sè il ragazzetto, e gli domandava!

— Dove siamo ora?

Ma il fanciullo era pensieroso e non rispondeva a tono. A un tratto esclamò!

— Vorrei sapere una cosa solamente, por piacere: com’è il mare!

Sebbene chiesta per piacere, la risposta non venne. Adone sollevò gli occhi e vide una cosa strana. Lo zio era diventato pallidissimo e tremava: pareva avesse freddo. E questo freddo improvviso si comunicò al fanciullo.

— Che hai? Che hai? — egli domandò spaventato, abbracciando le gambe al gigante. — Zio mio, madie hai? Dimmelo, zio mio, che hai? Zio mio...

L’uomo s’era fermato e si passava una mano sulla fronte. E continuava a tremare, e pareva dovesse cadere; ma resisteva all’urto improvviso del male, come un vecchio tronco all’urto del vento.

Adone sentiva un’angoscia paurosa; afferrato alle gambe tremanti dello zio, gli pareva di sostenerlo, mentre si appoggiava per non cadere egli stesso, vinto dalla paura misteriosa che lo agitava.

Parole strazianti gli uscivano dalla piccola bocca fattasi triste: ma l’uomo non lo udiva, intento a combattere il nemico invisibile che lo aveva assalito a tradimento. Pochi istanti: e il male fu vinto.

— Niente, niente. — disse la voce profonda, alquanto tremula. — Un capogiro. Mi viene sempre.