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II.

Il lumino ardeva noi portico, davanti alla nicchia di San Simone Giuda. Nulla era cambiato nella casa di Tognina: soltanto, i fanciulli eran diventati giovani, i bambini fanciulli, ed altri bimbi eran nati. Carissima s’era alquanto ingrassata, la zia Elena aveva perduto i denti. La Tognina era sempre la stessa, malaticcia, nera, indifferente, d’età incerta: pareva che per lei il tempo non passasse, o meglio non esistesse neppure, come non esiste per la mummia chiusa nel suo sacco impermeabile. Anche nella cameraccia di Adone persisteva l’odore delle patate e delle piume, e il romorìo dei topi allegri e sfacciati. Egli andò a letto, dopo aver accuratamente appeso i suoi vestiti al vecchio attaccapanni che sembrava un albero: ma per quanto fosse stanco non potè subito addormentarsi. I suoi pensieri però deviavano, un po’ vaghi e sparsi, come l’acqua d’un rigagnolo che, arrivata a un certo punto, si divide e si sparge di qua e di là per il prato. Egli pensava sempre a Caterina, ma pensava anche ad altre cose, ad altre persone, alla sua mamma, ai suoi fratelli. Essi