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206 | l'ombra del passato |
poggiandosi al bastone e lo squadrava da capo a piedi, commossa e diffidente.
— E voi come state, nonna? Bene, vero? Oh, come siete grassa!
Ha ella scosse la testa. Non credeva alle adulazioni, lei! Era sempre la stessa, lei: sotto il suo cappello da uomo biancheggiavano i radi capelli, attaccati alle tempia e mescolati, sulla nuca, con una trecciolina gialla falsa: il naso rosso, gli occhietti vivi e le guancie ruvide ricordavano un viso di vecchio malizioso e diffidente.
— Tu, sì, sei cresciuto, ragazzo! — disse, esaminando di nuovo il vestito di lui.
Il vestito era di poco prezzo ma alla moda: corpetto chiuso, giacca lunga stretta alla vita. Questa novità pareva infastidisse la vecchia.
— Ragazzo? — egli esclamò, battendo il suo bastoncino sul bastone della Suppèi. — Maestro, signora nonna! Attenti, bambini! A, e, i, o, u; asino sei tu!
Ella parve suggestionata dalla grande parola: maestro! Il suo viso si rischiarò, la sua voce grossa s’intenerì.
— Ora verrà subito, la puttina, — riprese. Anche lei è cresciuta, in un anno! È più alta di te, mi pare! Un vero diavoletto, viscere, ma un diavoletto alto. Qualche volta però è seria, veh, molto seria. E legge i libri, anche, e i giornali, e parla come un avvocato. Quella storia scritta, che tu le hai mandato, l’ha subito letta, da cima a fondo, e pareva la sapesse a memoria, e piangeva