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— Cosa vuoi? — ripetè l’altra, reclinando un po’ la testa. — Chi ti manda?

— Io!

— Ah, ti mandi da te! La nonna ora non riceve. Dillo a me, cosa vuoi!

— No, no. voglio andar là! — insistè Caterina, avanzandosi, e accennando con la testa il palazzo.

— Sta lì! Ora verrà la signorina! — gridò Maddalena, indispettita. E le si mise avanti, per impedirle il passo. Ma Caterina non s’intimidì.

Dietro il cancello Adone provava una certa inquietudine nel sentir questionare le due ragazzette. Sapeva che Caterina era prepotente con le bambine: a scuola aveva graffiato la figlia del dottore.

Passarono alcuni secondi. Ad un tratto Maddalena, senza dubbio stanca di tener a bada l’intrusa, gridò enèrgicamente «sta lì!» e si mise a correre verso il palazzo.

Adone in quel momento sporse la testa verso il cancello e vide una scena strana. Caterina correva dietro la ragazzetta Dargenti. Questa, arrivata vicino all’ingresso, si fermò, si volse, emise un piccolo grido di rabbia. E all’improvviso si curvò fino a terra, si rizzò, buttò contro Caterina un oggetto bianco. Adone sulle prime ebbe voglia di ridere. L’oggetto bianco era la scarpetta di Maddalena. Ma subito egli vide Caterina portarsi una mano alla testa, e tremò per lei.

Ella non gridò, non aprì bocca; si volse per andarsene, e Adone si ritrasse ancora, aspettandola.