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192 l'ombra del passato


Dopo il ritorno di Davide, Adone trascurava Andromaca, e passava nell’aja del zolfanellajo tutto il suo tempo disponibile, cioè le ore in cui non era costretto a pascolar le vacche e a guardare le frutta e i meloni nei campi della zia.

Davide esercitava su lui un fascino ancor più forte di quello che gli destava Andromaca. Per lui, arrivato all’ingresso del l’adolescenza, e che guardava innanzi a sè commosso e curioso come il viandante arrivato davanti a un panorama sconosciuto, la figlia del cordaio rappresentava già l’amore e il piacere: ma l’uomo che veniva dalle grandi città e doveva tornarvi, significava qualche cosa di più complesso: tutto un mondo lontano e luminoso come il sole.

Davide portava con sè anche le miserie e le tristezze di questo mondo lontano: ma Adone non se ne accorgeva. Non si vedono le macchie del sole.

Eppure a giorni Davide era così triste che i suoi occhi parevano quelli di un’aquila ferita. Egli stava molto in casa, scrivendo un libro: in quelle ore un silenzio religioso regnava nella povera casetta. La Müton camminava in punta di piedi: Adone sedeva accanto al zolfanellajo, all’ombra del portone, e aspettava pazientemente. Ma Davide usciva quando l’ombra della casa invadeva