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170 | l'ombra del passato |
re fosse penetrata anche nella camera umidiccia e fredda.
Adone s’avvicinò al letto fra i cui materassi Tognina si sprofondeva e quasi spariva.
- Zia, zia, dormi? Vuoi che accenda il lume? Hai freddo? Vuoi qualche cosa?
La donna non rispose. Teneva chiusi gli occhi, la testa avvolta in un fazzoletto di lana giallognolo: pareva un cadavere.
Adone ricordava sempre la morte dello zio, avvenuta quasi all’improvviso, e aveva l’idea fissa che tutti dovessero morire così, da un momento all’altro. Credette che la donna fosse morta: un terrore misterioso lo assalì; gli parve che tutte le cose, tutti gli uomini, il mondo intero infine, dovesse sparire così, improvvisamente, spento da una cupa nebbia, da un tenebrore senza fine.
Fu un momento. Egli non ebbe neppure la forza di gridare: gli parve di morire e cadde svenuto appoggiandosi al letto e poi scivolando a terra.
— Adone! — gridò allora Tognina, — che fai?
Non ricevendo risposta, anche lei si spaventò: senza muovere la persona indolenzita prese la scatola dei zolfanelli e ne accese uno: prese il lume e l’accese. Il fanciullo non si moveva. La donna gemette, chiamò: nessuno venne, nessuno rispose.
Allora Tognina fece uno sforzo, si sollevò gemendo, e buttò sulla testa di Adone l’acqua del bicchiere che stava sul tavolino. Dopo un momento il fanciullo riaprì gli occhi: guardò, vide il lume, vide la zia protesa sul letto, gialla in