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l'ombra del passato 167


Quando l’ebbero lasciata indietro Adone si volse, e la guardò. Ella tirò fuori la lingua, ma accennò verso Marco: Adone capì che l’atto di disprezzo non era per lui, e cominciò a ridere.

— Che hai? — disse l’altro, sempre più indispettito. — Se ti volti ancora, vado avanti e non vengo più con te.

— Oh, bella! Non posso neppure voltarmi, ora!

— Sì, non voglio!

— Ed io invece mi volto!

— E io vado avanti!

Marco infatti si mise a correre; ma Adone lo raggiunse, lo sorpassò, si volse e rise. Era impossibile tenergli il broncio. Ripresero a camminare assieme, vicini, discutendo su tante cose. Marco era dispettoso quella mattina: Adone invece era allegro: ogni tanto rideva e scuoteva il suo mantellaccio come un uccello scuote le ali bagnale.

Caterina rimase indietro, e quando Adone si volse un’ultima volta gli parve che la ragazzetta fosse piccola piccola, con la testa e i piedi sproporzionati: ma il suo visino roseo, nella cornice grigiastra dello scialle, sullo sfondo grigiastro della strada nebbiosa, pareva una rosellina d’autunno.