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158 | l'ombra del passato |
La luna e i fanali della scalea illuminavano il palazzo, chiaro sullo sfondo dei grandi altieri neri: le finestre parevano d’oro, e i vasi di smalto scintillavano sulla balaustrata dell’ingresso: dal giardino inaffiato, ov’erano stati messi tavolini e sedili di ferro, saliva un aspro odore di gerani. Come era bello tutto questo! Pareva un sogno. Soltanto l’idea di andar a casa per raccontare quanto aveva veduto, strappò Adone dal misterioso cancello, che sempre rappresentava per lui l’ingresso ad un mondo ignoto.
Ma arrivato a casa vide che le donne erano già andate a letto: Pirloccia doveva essere ancora fuori perchè il portone era chiuso solo col saliscendi: nel l’atrio, sotto l’immagine di San Simone Giuda, ardeva il lumino a petrolio.
Adone non aveva sonno: l’idea di andarsi a chiudere nella sua cameraccia lo rattristava. Tornò nell’aja, ma anche l’aja gli pareva stretta, quella notte: uscì ancora nella strada, e, senza la paura di esser chiuso fuori dal Pirloccia, si sarebbe allontanato ritornando nel prato della chiesa.
La luna attraversava il cielo perlaceo: sulla strada bianca di polvere le ombre nere degli allori parevano disegnate con l’inchiostro. Egli pensò al suo amico Marco: sarebbe andato volentieri a trovarlo, subito, per raccontargli ch’era giunta la marchesa. Ma come fare ad allontanarsi? Pirloccia l’avrebbe chiuso fuori. Ecco, egli non era padrone neppure di fare un viaggetto, di notte! Avesse avuto almeno una carrozza come quella della marchesa: