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l'ombra del passato 149

piano, oltre il terreno, con quattro finestruole di legno sbiadito dalla pioggia. La porta s’apriva dalla parte opposta al viottolo. In faccia alla casetta sorgeva una Maestà, cioè una piccola cappella chiusa da un cancelletto di ferro, dentro la quale, su un altarino fiorito, un San Michele dal viso terribile calpestava un biscione verdastro. Seduta su un vecchio tronco abbandonato, davanti alla Maestà, stava la ragazzetta dall’abitino rosso a piselli neri; senonchè l’abitino era stato lavato e orlato di nero: anche i capelli d’oro, raccolti in due treccioline strette strette, una sulla sommità «lei capo, l’altra sulla nuca, parevano lavati. I grossi piedi della bimba sparivano a metà entro due vecchie pianelle dalla suola di legno. A momenti Adone non la riconosceva, tanto ella era mutata: ella però lo riconobbe subito e gli sorrise.

Egli arrossì, per il piacere di rivederla e per il timore che Marco sapesse qualche cosa della sua avventura.

Ma il compagno passava dritto, senza badare a Caterina.

— È tua parente, quella? — domandò Adone.

— Macchè, — disse l’altro, con disprezzo. — È una stracciona: una zingara.

— Una zingara?.. Sei matto?

— Sì, una zingara! Sì! Sì, ti dico di sì! — proseguì l’altro con dispetto. — È arrivata l’altro giorno, con una donna, una donna malata, una cestaja. Sono venute da noi: poi sono andate dalla zia Barberina, che sta lì, in quella casetta rossa.