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l'ombra del passato 137

non lo interrogò: era sofferente; sbadigliava e tossiva, e pareva non avesse più forza di muoversi. Caterina invece rideva e gridava, perfettamente inconscia del passato, ignara dell’avvenire. Era tanto allegra! E Adone si lasciava suggestionare da questa gioia spensierata di uccellino sazio, e diventava anch’egli spensierato come nei suoi giorni più felici. Ah! che volete? La sua coscienza, appena svegliatasi e ancora informe e direi quasi embrionale come il feto nell’alvo materno, era così piccola, così debole ancora! Bastava un niente per riaddormentarla e respingerla ancora nel suo nido oscuro. Egli si alzò e si mise a giuocare con Caterina. E finchè la cestaja e la bimba rimasero lì, egli non pensò a riprendere il suo cammino.

S’avvicinò al carretto e toccò tutti i cestini, domandandone il prezzo. Due lire il più grande; due soldi il più piccolino, un grazioso cestinetto giallo, rosso e verde, che egli staccò e guardò a lungo con piacere. Fu tentato di comprarlo. Di che non era tentato lui! Ma due soldi son due soldi: passato il tempo in cui egli non conosceva il valore del denaro! Riattaccò il cestino e si curvò a guardare nella cesta, sotto il carretto. E vide che dentro, su uno strato d’erba, c’erano due vilissimi pulcini, di pochi giorni, due battutoli di seta, uno tutto giallo, con gli occhietti neri neri, e l’altro tutto nero col solo becco giallognolo.

Dio, Dio, come son belli! — disse con tenerezza. E si mise a sorridere ai pulcini, stendendo la mano per toccarli.