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l'ombra del passato 133

gambe nerastre mal coperte dagli orli lacerati d’un vestitino rosso a piselli neri.

— Ci fermiamo qui? — gridò la bambina.

— Più in là, più in là, — rispose una voce di donna, stanca e ansante.

— No, qui, mamma! C’è l’ombra! Ho caldo! Ho fame! Voglio da mangiare! Dammi da bere.

— Ti darò delle sculacciate, anche!

Adone scoppiò a ridere. La ragazzotta si volse, lo fissò con due piccoli occhi neri corruscanti, cattivi. Allora egli si accorse che ella rassomigliava stranamente alla sua sorellina Eva, con lo stesso visetto rotondo e roseo come una mela, circondato da una vera nuvoletta di capelli color d’oro. E diventò serio. La sconosciuta gli volse le spalle: una donna magrissima, vestita di nero e con un fazzoletto giallo in testa, s’avanzava spingendo un carrettino a mano coperto da una specie di mantice di tela cruda, intorno al quale penzolava una ghirlanda di piccoli cestini di vimini. Entro il carrettino c’erano due grossi fagotti e vari oggetti di cucina usati e sudici: fra le ruote stava attaccata una cesta che rasentava il suolo. Pareva impossibile che una donna così magra e pallida potesse spingere un tal carico: ella sembrava malata, e quando fermò il carrettino, spingendolo verso la siepe, sospirò forte, ansando, come uno il cui sospiro è rimasto lungo tempo sospeso.

— Ho fame, ho sete, — ripeteva la bambina, mettendosi a frugare nel carrettino.

La donna le diede uno spintone.