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l'ombra del passato 125


Egli stette un momento nella camera, poi tornò giù, sedette sull’orlo del pozzo e ricominciò a piangere. Ottavio credette ch’egli piangesse per l’uccellino morto, lo guardò fisso, e si mise a piangere anche lui.

La mamma scese giù di corsa, e domandò che cosa avevano. E Adone non potè resistere oltre: le si avvinghiò al collo come un bambino e le raccontò piangendo ogni cosa.

Al solito, la mamma gli diede torto; ma gli promise di accompagnarlo a casa e di chiedere perdono per lui. Egli si ribellava: perdono no, perdono no, non doveva nè voleva chiederne: ma la mamma gli disse con voce triste:

— Caro il mio omin, bisogna aver pazienza; si domanda perdono anche quando non c’è peccato: i poveri debbono sempre sottomettersi. Non addolorarmi oltre: vedi come tuo fratello sta male!

E perchè il fratello stava male e la mamma soffriva, egli si piegò: tornò a casa attaccato alle gonnelle di lei, e facendosi scudo di lei per ogni possibile pericolo. Pirloccia non c’era, e Tognina accolse il fanciullo e la donna con la sua solita indifferenza di persona malaticcia che pensa solo ai casi suoi.

La zia Elena invece scuoteva la testa e sporgeva le labbra.

— L’ha fatta troppo grossa — diceva. — Chissà, chissà!

Tognina consigliò Adone di mangiare e andarsene subito a letto: egli obbedì, ma tardò a chiu-