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122 l'ombra del passato

arrabbiato. Ma le pietre erano molli: il sangue sprizzò, gli bagnò le labbra, ed egli ne sentì il sapore acidulo. Gli urli dell’ometto raddoppiavano, non sembravano più umani. Adone ritornò alla realtà e si accorse di aver graffiato e morsicalo a sangue il suo persecutore, del quale intravide il viso nerastro che nella sofferenza e nell’ira pareva ridesse di un riso diabolico. Si sentì perduto; e non seppe mai come riuscì a scappare dalla stalla, dal cortiletto, ed a gettarsi disperatamente attraverso i campi. Corse, volò: gli pareva di sentir sempre, alle sue spalle, il grido cattivo del piccolo uomo nero. Probabilmente il Pirloccia lo rincorse davvero: ma fosse stato pure il diavolo in persona non sarebbe mai riuscito a raggiungere il ragazzo, tanto questi volava. Finalmente egli si fermò, ansante, palpitante: si guardò attorno smarrito: si vide in salvo, per il momento, e si gettò a terra piangendo, convulso, con un dolore senza nome. Fu una delle più tristi ore della sua vita. Egli piangeva di rabbia, di dolore fisico, di impotenza: ma sopratutto piangeva perchè sentiva di aver fatto del male.

A poco a poco si calmò, si alzò, girovagò pei campi. Che fare, ora? Se tornava a casa, Pirloccia lo accoppava di cerio: andare dalla sua mamma non voleva. Sentiva di aver torto e non voleva far dispiacere alla sua povera mamma. Girò due o tre volte intorno ai campi della zia, fermandosi e palpitando ogni volta che sentiva qualche rumore di passi. I campi della Tognina erano circondati da