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l'ombra del passato 121


Lo prese per il braccio, lo tirò su, lo spinse. Adone guardava disperatamente la zia, ma la zia s’era fatta pallida più del solito e non fiatava più. Anche le altre donne tacevano. Sopratutto l’ultima minaccia del Pirloccia atterriva il ragazzo: era l’estrema degradazione.

A spintoni Pirloccia lo condusse nella stalla, che dava sul cortiletto dietro la casa. Le due grandi vacche giallognole volsero lentamente il capo.

Spinto dall’ometto Adone andò a sbattere contro il fianco d’una vacca. La bestia trasalì: era più alta di lui, era grande, era enorme, calda e ruminante: egli ne ebbe paura, sentì un impeto d’odio contro le due vacche: avrebbe voluto ammazzarle: era deciso a tutto fuorchè a condurle al pascolo. Ma Pirloccia insisteva, minaccioso. Slegò le vacche, mise in mano al ragazzo l’estremità delle cordicelle.

Adone non parlava, non piangeva, ma il suo risetto di solito acceso era diventato verdastro. Egli lasciò cadere le corde: Pirloccia gli diede uno, due, molti ceffoni, urlando. Allora egli vide tutto rosso: una fiamma gli avvolse la testa; e udì un rumore sordo entro le orecchie, e sentì un impulso bestiale di mordere, di spezzare qualche cosa di vivo coi suoi dentini forti. Gli urli di Pirloccia gli arrivavano come di lontano: ed egli ebbe l’impressione di correre, di andare verso questa voce odiosa e di gettarsi contro un muro, graffiando e mordendo le pietre come un gatto