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8 l'ombra del passato


— E va bene! Benone! — urlò Sison. — Lo zio Carlino parte: il Signore può andare a farsi indorare da Meoli!

Il zolfanellajo fece un gesto d’orrore: da Meoli, a farsi indorare, si mandano le persone seccanti.

Ma Sison era cieco di rabbia. Ricominciò a chiamare la figlia, finchè questa, una biondina in vestito corto color rosa e in pianelle ricamate, non scese e attaccò le lenzuola alle corde.

Adone le andò vicino e si sfregò contro le sue vesti come un gattino, guardandola e parlandole carezzevolmente.

— Bello! — le disse lei, staccando le labbra come per dargli un bacio.

I bambini ritornarono, carichi di fiori e di erbe. Andromaca, la bella cordaia, ornò le lenzuola con foglie di fagiuoli e di zucche; il zolfanellajo portò giù i migliori quadretti che possedeva.

Elettra, la padrona della vicina osteria del Vicerè, s’affacciò al portone del cordaio, s’affacciò al portone del zolfanellajo, guardò le due poetiche stradiole strette dai candidi muri delle lenzuola fiorite, e dichiarò che la più bella era quella di Sison. Questa lode calmò alquanto il cordaio.

La casa di Giovanni si animava: una persiana fu spinta con fracasso; un vecchio sbarbato e roseo, coi capelli bianchi divisi sulla fronte, s’affacciò alla finestra, guardò, disse bonariamente: — Perbacco, com’è bello! — Poi chiamò Adone. — Di’, tu, che fai ancora lì? Non vai ad avvertire il barcajuolo?