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l'ombra del passato 115

suo mantello, il suo berretto, i suoi zoccoli: e passando tra la zia Elena e il Pirloccia urtò alquanto quest’ultimo.

— Ecco uno che s’infischia dell’inverno, — disse l’uomo, guardando con dispetto il fanciullo. — Lui non è mai malato, e non si preoccupa di nulla! La sua malattia è l’appetito.

Adone filò dritto senza rispondere.

Pirloccia tossi ancora, sputò, gridò:

— Lascia venire il bel tempo! Almeno a pascolar le vacche andrai, fannullone!

Tognina, per consiglio del fratello, che oramai era il padrone in casa, aveva comprato un paio di enormi vacche. Adone ammirava le due grandi bestie monumentali, ma l’idea di condurle al pascolo non gli riusciva gradita.

— Io vado a scuola, — gridò, voltandosi. — Le vacche le pascolerete voi.

— Ah, sì, proprio? Vedremo.

— Vedremo!

L’uomo continuò a brontolare: Adone andò via senza più voltarsi, senza più rispondere. Ma la tristezza e l’umiliazione lo avvolgevano, gli pesavano come il suo brutto mantello. Le persecuzioni del Pirloccia e dèi suoi figliuoli cominciavano ad avvilirlo, ed egli si domandava sempre il perchè di questa grande ingiustizia. Che faceva di male, per essere maltrattato e avvilito così? Perchè Pirloccia era così cattivo? Tutti erano buoni, al paese. Lo zolfanellajo era un santo; il fabbro, il falegname, il tabaccajo, tutti erano buoni. Anche Sison, nono-