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110 | l'ombra del passato |
vano di unirsi a loro, e non riuscendovi li molestavano continuamente. Adone e Marco si beffavano di tutto e di tutti: forti della loro amicizia, respingevano le lusinghe e gli attacchi, rifiutavano la compagnia degli altri scolaretti.
Avevano bisogno di esser soli per discutere meglio, e litigare comodamente. Parlavano quasi sempre dei loro parenti e delle cose che possedevano i loro parenti: e ciascuno vantava la sua roba. Adone però non si scaldava troppo: parlava senza convinzione. Quando si trattava però di lodare la chiesa del suo paese, la torre, il prato, il palazzo Dargenti o Davide del Min non ammetteva repliche.
— La nostra torre è più alta: sì, è più alta della vostra: cento metri di più.
— Sì, perchè lo dici tu! La nostra è più alta; l’ha detto persino il prevosto. Eppoi c’è anche la poesia, per la nostra torre; sì, aspetta, te la dico subito. — E la inventava lui:
La torre di Casale
Chi la scende e chi la sale.
Adone sollevava il viso al cielo e rideva.
— Che roba, Dio mio! Roba da ridere. La nostra torre, ti dico, è più alta, più alta e più alta! Mille metri più alta.
— Se non la finisci li do uno schiaffone.
— Prova un po’!
Qualche volta deponevano i libri per terra e si azzuffavano. Ma questo non impediva che rifa-