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104 | l'ombra del passato |
Egli ricordò le due uova nascoste nella cesta: si potevano vendere anche quelle, fra le altre: era anche un buon pretesto per penetrare nel giardino Dargenti. E andò dal cordaio: ma la porta di Sison era chiusa, l’aja deserta.
Allora Adone andò dal zolfanellajo: l’ometto lavorava nel piccolo atrio, perchè nell’aja c’era già fresco: e da qualche tempo in qua egli aveva una tosse ostinata che lo rendeva più debole e melanconico del solito.
— Però se dobbiamo morire sia fatta la volontà del Signore, — egli diceva a sua moglie, quando Adone entrò. — Riguardo al morire siamo tutti eguali: ah, lì non c’è differenza, veh, proprio no!
— È il freddo, è il freddo che ti fa tossire, riprese la donna con voce monotona. — Davide dice che v’è un paese caldo anche d’inverno: lì, bisognerebbe andare.
— Sì, — affermò Adone, prendendo il gatto fra le braccia, — in America fa caldo, quando qui è freddo; si legge nel libro ed è la verità.
Poi, mentre il gatto gli leccava un dito ancora unto di burro, egli aggiunse pensieroso:
— E chi sarà la vecchia che verrà al palazzo Dargenti?
— Una vecchia? Al palazzo Dargenti?
— Sì, sì, di Parma: vecchia, vecchia.
— Sarà la veccia corna!1 — disse allora il zolfanellajo. Adone rise così forte che il gatto scappò.
- ↑ Spauracchio.