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96 l'ombra del passato


Il padrone del casolare, un buon omaccione rosso tutto pancia, guardò coi suoi grandi occhi azzurri sporgenti il quarto ragazzetto, quasi per domandargli se non prendeva niente.

Adone arrossi, ma sporse con orgoglio il suo involtino:

— Ho quaranta soldi, qui, io: ma servono per il libro di scuola.

— Tu sei il nipote di Giovanni La Pioppa? domandò l’uomo, riconoscendolo. — E come sta la Tognina?

— Bene. No, ha dolore a un ginocchio.

— Ah! i suoi soliti dolori! Dille che strofini il ginocchio con un po’ d’olio caldo. Tò, prendi.

Gli diede un pugno di castagne secche, ed egli arrossì ancora, ma neppure ringraziò.

Fece il resto della strada coi tre scolaretti di Casale, e il biondino gli domandò:

— Siete amici, con Belluss?

— Sì, — egli rispose, dandosi dell’importanza. — Siamo amici. Ho molti amici, io. Conosco anche Davide del Nin.

E si meravigliò che gli altri non lo conoscessero, almeno di nome.

— Ora è partito; è andato a Milano, ed ha promesso di scrivermi. È un bell’uomo, alto, con la cravatta nera e i capelli lunghi: e sa tante lingue. Anche il francese.

— Anche mio zio il tenente sa il francese, disse il biondino. — Ed è bello, poi!

— Com’è, tuo zio?