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6 l'ombra del passato


Il cordaio, che tira di qua, annoda di là, aveva già tracciato la viottola attraverso la sua aja, guardava la porta di Giovanni e imprecava:

Corpu d’un Diu, nessuno si vede! Per una volta all’anno che passa il Signore!

Ma ecco apparire il zolfanellajo con una cordicella intorno al braccio.

— Ohè! — gridò il cordaio.

— Ohè! — rispose il zolfanellajo.

— Che si fa, palandroni? Che si aspetta? Corpo d’un Dio, ma che si fa?

Il zolfanellajo non rispose. Si fece il segno della croce e attaccò la corda al chiodo del suo portone.

L’altro allora s’arrabbiò. Chiamò la moglie, la figlia, coprendole d’insulti, chiamò la moglie di Giovanni, urlò contro un gruppo di bambini accorsi ad offrirgli aiuto. Pareva un uomo violento, coi piccoli occhi azzurri incassati sotto una larga fronte rossa, con le gambe nude nerborute e i grossi piedi terrosi che sembravano le radici di quel corpo secco e alto come un tronco secolare.

Ma i bambini si ridevano di lui: segno evidente che le apparenze ingannano. Nessuno compariva alla porta spalancata della casa di Giovanni.

Il zolfanellajo s’avvicinava al palo, tirando la cordicella, e pareva che pregasse. Piccolo, lento, melanconico, vestito a festa, con una giacca signorile troppo larga per lui, egli sembrava un ometto di legno. Il viso raso anche nelle sopracciglia, d’un pallore verdognolo, dava l’idea che l’ometto si fosse lavato con lo zolfo: e a questo pallore accre-