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rispetto, malgrado che abbiamo pure procurato di accostarci in vari punti a quegli ordinamenti scolastici; ond’è che a quanto colà si opera per atto spontaneo e poderoso impulso di scienza, è d’uopo che fra noi supplisca in qualche grado il concorso e l’opera ausiliatrice dello Stato.

Non tocca a me l’indagare se quest’opera potrebbe utilmente applicarsi in altre e diverse direzioni, e mi riduco a considerare quella sola che risponde più specialmente all’assunto del mio presente discorso.

Il programma nostro, diceva, è largo e completo nelle essenziali sue linee per una scuola di diritto; ma non so se potrebbesi affermare altrettanto, ove alle nostre facoltà di giurisprudenza (e non considerando che i loro corsi di obbligo, colle proporzioni ad essi assegnate) si chiedesse di essere ad una volta anche una scuola di pubblica amministrazione, od una facoltà politico-amministrativa, come meglio piacesse dire.

Vi è per tale riguardo qualche deficienza, come d’altra parte vi si potrebbe ravvisare una qualche ridondanza; vi è inoltre un carattere, un indirizzo generale, che risponde naturalmente a ciò che si considera come lo scopo primario, se non l’unico, dell’insegnamento che impartono; e che quanto acconcio per l’un ufficio, potrebbe non esserlo egualmente, o in egual grado, anche per l’altro.

A Padova, altre volte, la facoltà portava il nome di giuridico-politica, e s’intendeva dovesse bastare al duplice intento. — Ora, non badando che al quadro delle materie, l’insegnamento politico-amministrativo vi andava rappresentato in modo alquanto più largo e specificato che non A nelle facoltà nostre. Fra insegnamenti d’obbligo e liberi (comuni i primi, a libera scelta i secondi, giusta la vo-