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Tal era lo stato delle cose fra noi prima degli ultimi decreti, di cui dovrò toccarvi bentosto; e da quanto vi sono venuto esponendo potete senza più comprendere, non soltanto come il problema di un insegnamento politico-amministrativo sia cosa tutt’altro che nuova e di queste ultime circostanze, ma e intravedere pur anco per quali vie esso potrebbe essere più o meno largamente risolto.
Un cenno di più, che vi piaccia concedermi, potrà ancor meglio servire allo scopo.
Un insegnamento politico-amministrativo, quando lo si volesse completo, esigerebbe un triplice ordine di studi, una triplice coltura, di ragione giuridica, politica, e tecnica; con quella differente proporzione e quel carattere proprio e speciale, che deve rispondere al suo intendimento.
È diversa, come già indicava, la proporzione dell’insegnamento giuridico che potrebbe richiedersi per la carriera amministrativa, in confronto della giudiziaria; converrebbe invece abbondare possibilmente per la coltura politica ed economica; e fare una qualche parte (non dico di più) anche alla tecnica.
La pubblica amministrazione, considerata in tutto il suo insieme, si compone di due ordini di servizi: ― amministrativi propriamente detti, e tecnici; variamente fra loro combinati, quali organi dirigenti, ovvero esecutivi. Voi ne potete avere un esempio nella sanità pubblica, nelle opere pubbliche, e in altri casi.
Si potrebbe affermare fors’anco in un senso più ampio (se l’idea non vi sembri troppo ardita) che la giustizia essa medesima, quale magistratura giudicante, sia una specie di servizio tecnico, il quale incontra nel rispettivo Ministero il suo organo amministrativo dirigente; e altrettanto