sultasse al mondo, dal suo indugio: tante erano l’in-
giurie, che egli pensava disfare, torti che addiriz-
zare, insulti, che correggere, abusi, che migliorare,
& debiti, che sodisfare. & così senza che nissuno lo
vedesse, & sapesse il suo disegno, un giorno innan-
zi l’alba (che era uno di più caldi del mese di Lu-
glio) si messe tutte le sue arme, montò sopra Ron-
zinante, & postasi la sua mal commessa celata, im-
bracciò la targa, pigliò la lancia, & per l’uscio se-
greto d’una Corte se n’uscì in campagna, tutto con-
tento, & gaio, vedendo quanto facilmente haveva
dato principio al suo buon desiderio; ma appena
vi giunse, che li venne un si strano, & terribil pen-
siero, che mancò poco, non abbandonasse la co-
minciata impresa, & fù, che si ricordò, che non era
armato Cavaliero, & che, secondo gli statuti della
Cavalleria, non poteva, ne doveva venire alle ma-
ni con nissun Cavaliero, & ancorché fusse stato, do-
veva portare arme bianche, come novel campione,
senza impresa nello scudo, sin tanto che col suo va-
lore, non se l’havesse guadagnata. Questi pensieri
lo fecero stare dubbioso nel suo proposito: ma es-
sendo maggiore la forza della pazzia, che di nissun’
altra ragione, deliberò di farsi armare Cavaliero dal
primo, che incontrava, seguitando l’esempio di
molti altri, come ne’ suoi libri haveva letto. In
quanto all’arme bianche, pensò di farse, più d’un
Armellino, con la prima comodità, che havesse
havuto di ripulirle, & con questo s’acquetò, & se-
guì la sua strada, senz’andare per nissun’altra, che
per quella, che lo guidava il suo cavallo, credendo
che in ciò consistesse la forza delle venture. Cam-