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che di disfare l’autorità, & l’applauso, che hanno nel mondo, & appresso al volgo, i libri di Cavalleria, non occorre, che andiate mendicando sentenze di Filosofi, consigli della Divina Scrittura, favole di Poeti, orazioni di Rettorici, & miracoli di Santi, ma procurare, che semplicemente, con parole significanti, honeste, & ben poste, riesca la vostra orazione, o periodo, sonoro, & festivo; dipignendo quanto vi sarà possibile la vostra intenzione, dando ad intendere i vostri concetti senza oscurargli, & intrigargli. Procurate finalmente che leggendosi la vostra historia, il malinconico si muova al riso, l’allegro l’accresca, al semplice non venga a noia, il santo si maravigli dell’invenzione, il grave non la disprezzi, & il prudente l’accompagni con le sue lodi. Havete finalmente la mira di mandare a terra la mal fondata macchina di questi libri Cavallereschi, odiati da tanti, & lodati da molti più; che se ciò, voi conseguisti, non haveresti fatto poco. Stetti con gran silenzio, ascoltando, quello, che il mio amico mi diceva, & in tal modo s’impressero in me le sue ragioni, che senza fare altre dispute, l’ammessi per buone, & di quelle istesse volsi fare questo Prologo, nel quale vedrai Lettor galante la discrezione del mio amico, la mia buona ventura in trovare in tempi sì bisognosi, un tale consigliero, & la tua consolazione, in abbatterti nella sì pura, & chiara historia del famoso Don Chisciotte della Mancia, il quale, è opinione di tutti gl’habitatori del distretto del Campo di Montiello, che sia stato il più casto innamorato, & il più bravo Cavaliero, che da molti anni in quà si sia visto in que’ contorni, & non voglio esagerarti il servizio, che io ti fò in darti a conoscere un sì famoso, & honorato Cavaliero; voglio bene, che tu mi resti obligato per la notizia, che haverai del gran Sancio Panza, suo scudiero, nel quale (per quanto


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