ratz (sec. 15º), donde tm. Ratz, ghiro, Ratze, topo. Questa molteplicità di forme è un altro argomento fortissimo per trarre di là il nome rom. Il Faulmann deriva aat. rato da vb. aat. chrazzôn, mat. ratzen, raschiare, grattare: quindi varrebbe “il rosicchiante”; e soggiunge che precisamente per questa ragione con tal vocabolo furon denominati anche il topo dell’avellana, la martora e la puzzola. Rato sarebbe stata la forma propria del bt.; ratze dell’alto ted. Ma il Kluge non ammette questa deriv. dell’aat. rato da chrazzôn; e premesso che la patria primitiva del ceppo ger. è oscura, osserva che la bestia stessa, ancora sconosciuta alla remota antichità, entrò in Europa dall’oriente primieramente dopo l’epoca della Völkerwanderung o immigrazione dei popoli; epperciò il cimb. chiama questo animale Ilygoden Ffrengig “topo franco”, e il n. irl. lo chiama francach e galluch “topo franco-gallico”; e che il gruppo alto-ted. tt = a bt. tt = rom. tt mostra l’imprestito passato da popolo a popolo dal nord al sud dell’Europa. Pensare che l’it. ratto “topo”, siasi svolto da ratto “veloce”’ proveriente a sua volta da l. rapidus “veloce”; e che poi it. ratto, “topo” penetrasse, oltrechè nelle lingue neol. sorelle, anche nel campo germ., è impossibile per più ragioni; e primieramente per l’anteriorità di tempo delle forme dell’aat. rispetto all’it. ed al fr. comparendo quest’ultimo solo nel sec. 13º e il primo nel 14º. Oltredichè il concetto di “veloce” non è adatto per servire di base alla denominazione dell’animale. Il Kluge nota da ultimo che nel dialetto dell’Assia e della Turingia Ratz = martora, e che bav. e svev. ratz = bruco. Il dial. brett. presenta la forma raz venuta da bl. rattus; invece m. irl. rata, irl. gael. radán possono risalire a ing. rat. In qualche parte del territorio rom. questo nome ha dato luogo a deriv. notevoli anche per i signif. assunti. Così: cat. port. ratar, piem. raté, sp. ratonar valgono “strisciare”; sp. ratear, vale “arrampicarsi” e ratero ‘“strisciante”, e ciò