sp. randa, port. renda punta d’un vestito, che però, secondo me, sono forme sorelle di it. randa, e prov. randa, punta estrema. A base di queste voci rom. sta aat. rand rant, mat. rant, gobba o umbone dello scudo, donde tm. Rand, orlo, margine, lembo, estremità. Il Kluge spiega lo svolgimento genetico dei sensi così: aat. rand rant valeva dapprima “dorso o gobba dello scudo”, poi “estremità dello scudo”, infine “estremità” in generale. In altri termini l’essere il dorso dello scudo in certo modo l’estremità dello scudo fu ciò che servì di concetto intermediario alla generalizzazione del signif. Anche il Diez confessa che quantunque non sia provato da documenti che aat. mat. rant valesse generalmente “margine, lembo”, si può per altro ammettere che racchiudesse anche questo senso considerato che lo presentano ags. rand rond, ing. rand, anrd. rônd, sv. rand, e considerato che l’umbone è l’estremità dello scudo; onde una glossa aat. spiega rant per «cupula vel ora clypei». Notevole poi è che ol. rand vale ad un tempo “margine” e “punta”; il che spiega il signif. assunto dallo sp. e port. È dunque evidente che it. randa e prov. randa non solo sono d’orig. ger., ma sono sorelle delle voci sp. e port. Il piem. e n. prov. randa = rasiera, bastone da far liscio e uguale il contorno di un vaso; ed è chiaramente una denominazione tolta dall’idea “dell’estremità”. Quanto al nome ger. in sè, il Kluge mette a base di esso got. * randa svoltosi da preger. ram-ta da rad. rem, onde ags. rîma reoma ‘“margine”, dove l’m davanti a d dovette riuscire a n. Da simile forma fondam. sorsero in quel campo anche la voce dial. Ranft, orlo, e tm. Rinde, corteccia. Nel campo sp. venne da randa rundal, tessuto retiforme; in quello fr. il nome randon, violenza, impetuosità, e vb. randir, randonner, penetrare ing. at random, a caso; benchè da taluni queste derivazioni siano contestate a cagione specialmente del signif. che si può far svolgere dal primitivo solo mediante un grande sforzo.