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introduzione. xvii

germanica. Vero è che se un tale criterio spesso vale assai per le parole entrate nel tardo medio evo e nell’evo moderno, serve a poco o nulla per quelle di data più antica, che, penetrate all’epoca delle emigrazioni, si trovavano già da parecchi secoli nella lingua parlata. Tuttavia dal confronto del tempo della loro comparsa in italiano con quello della comparsa che fanno nelle lingue sorelle si può talvolta decidere se esse provengano direttamente dal germanico ovvero riproducano immediatamente qualche lingua neolatina. Vengono quindi le forme che il nome assunse nelle lingue o dialetti romanzi, e si nota, quando occorre, se esso sia esclusivamente proprio dell’italiano. Infine si pone il tema germanico donde esso procedette colle forme che in quel campo presenta nei diversi tempi e dialetti, valendomi a questo effetto specialmente delle opere preziose dello Schade, del Kluge e del Mackel. Nè mi è sembrato fuor d’opera il risalire; quand’era possibile, alla lingua madre indo-europea, e di là ridiscendendo vedere quale atteggiamento e configurazione il vocabolo abbia preso negli altri idiomi indo-germanici, segnatamente nel greco e nel latino: molto più che talora è accaduto che entrasse fra noi un vocabolo germanico la cui radice noi già possedevamo nella modificazione ed elaborazione richiesta dal ramo greco-latino e con equivalenza di significato; e tale è, a ragion d’esempio, il caso delle voci germaniche bara, giardino, zanna messe a riscontro con le greco-latine feretro, orto, dente. Anche più importante era l’accennare (quando la parola risale, come avviene il più delle volte, al medio-evo antico) la sua forma