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94 | l’edera |
ma pensava anche alla piccola Annesa, all’edera tenace e soffocante della quale egli solo conosceva gli abbracci e dalla quale sentiva di non potersi liberare mai più, neppure volendolo.
— Zana è bella, ma fosse anche una donna onesta non si potrebbe amare a lungo, — pensava. — Annesa è un tesoro nascosto, inesauribile: ogni suo bacio mi sembra il primo.
Egli non diceva a sè stesso che il segreto amoroso di Annesa stava tutto nella passione tragica che egli le inspirava; non lo diceva, ma lo sentiva, e si lasciava prendere e avvolgere tutto da questa passione come il ramo dall’edera. Più che amare si lasciava amare, e senza essere deliberatamente infedele, guardava e desiderava le altre donne e si lasciava prendere da loro con piacere infinito.
Così, senza dimenticare Annesa, ma pensando alla bella vedova, arrivò al villaggio. Grandi nuvole rosee coprivano il sole, una mite luminosità indorava le colline coperte di stoppia, al di là delle quali sorgeva un monte calcareo che pareva di marmo rosa. Era il classico paesaggio sardo, grigio e giallo, con file di macchie verdi che risaltavano fra l’oro delle stoppie: piccole vacche nere s’abbeveravano nell’esile ruscello, e le figure dei pastori, vestiti di rosso e di nero, si disegnavano vivacemente sul giallo della collina. Ma all’avvicinarsi del paesetto, tutto diventava triste: la strada polverosa, l’aria irrespirabile per l’odore delle immondezze. La chiesetta precedeva di un centinaio di metri il paese, e sorgeva in mezzo ad un campo