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il vedovo — . Mi hanno offerto di tenerlo lassù fino al tempo delle seminagioni: così almeno guadagnerà qualche cosa.

— Sì, è un ragazzo molto allegro, — convenne ziu Castigu. — Ma tutti siamo stati allegri, da ragazzi...

— Tutti, sì — ripetè Paulu.

— Anche lei, sì, don Pauleddu mio! Era molto allegro. Ora non più!

— Volati gli uccelli! — disse Paulu, guardando in alto e facendo un segno di addio con la mano. - Volati, volati!...

— Eh, diavolo! Qualcuno ne resterà! — disse il pastore, ridendo col suo riso caratteristico, un po’ sciocco, un po’ beffardo.

— Ecco, passiamo di qui: entriamo nella cucina grande.

Entrarono nella cucina grande, ove i promotori della festa preparavano un banchetto omerico.

— Ohè, Miale Corbu, eccoci qui! — gridò con orgoglio ziu Castigu, avanzandosi a fianco di Paulu.

Il priore maggiore, cioè il presidente del Comitato per le feste, parve sbucare da una nuvola di fumo denso e grasso, che copriva come d’un velario lo sfondo della cucina. Ed era un uomo degno di esser circondato di nuvole come un dio selvaggio: una specie di gigante, vestito di un corpetto rosso e di un pajo di brache di saja, così larghe che sembravano una gonnella corta ricadente sulle uose di lana nera. Sotto il berretto lungo ripiegato sulla sommità del capo, e fra due