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fissa della sua bellezza e dei suoi pretendenti non aveva altra debolezza.

Un cortiletto senza cancello, circondato da un muricciuolo, precedeva la casetta: dalla porticina spalancata usciva un buon odore di caffè. Annesa gridò:

— Zia Anna, non venite alla messa?

— Aspetto un ospite, — disse la donna, affacciandosi alla porta con una caffettiera in mano. Rosa, anima mia, come sei bella oggi! Venite avanti; vi darò il caffè. Sei sempre vecchia, Rosa? I dentini non vogliono spuntare, no?

Rosa sorrise, mostrando le sue gengive sguarnite, e Annesa disse, per conto della bimba:

— Verranno di nuovo, i dentini, e poi cadranno ancora! Cadranno anche i vostri, zia Anna, e non ritorneranno più!...

— Può darsi, — rispose la donna, che aveva bellissimi denti. — Ma venite, belle mie; vi darò il caffè: per la messa è ancora presto. Ho veduto prete Virdis passeggiare davanti alla chiesa: era con un signore che mi è sembrato Paulu...

Allora Annesa, che stava per entrare da zia Anna, cambiò parere e s’avviò verso la chiesa.

— Addio, addio, statevi bene, e tanti saluti alle ragazze. Noi andiamo perchè è tardi.

— Avevo da raccontarti una cosa: verrò da voi domani, — disse zia Anna, salutando con la mano. Addio, Rosa, non mangiare molti torroni. Non mi hai detto neppure cosa ti ha dato il sorcio, in cambio dei tuoi dentini. Glieli hai poi messi, nel buco dietro la porta?