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una piccola madonna primitiva, mentre al suo fianco la bimba deforme, goffamente vestita di un abituccio borghese di cotonina rossa, pareva la caricatura d’una civiltà degenerata.

Dopo aver percorso la straducola in pendio, uscirono nella strada comunale, polverosa e sporca, che attraversava tutto il paese, e proseguirono verso la chiesa.

Altre donne, vestite come Annesa, sbucavano da tutte le straducole; gruppi di bimbi laceri ma robusti e belli, dai luminosi occhi neri, giocavano qua e là, sotto gli archi delle porticine, sulle scalette esterne, nei piccoli cortili insolitamente spazzati e inaffiati.

La chiesa di San Basilio, sebbene questo fosse il santo protettore del paese, restava fuori dell’abitato, un centinajo di metri distante dall’ultima casupola nella quale abitava una parente dei Decherchi.

Una specie di cortile vastissimo, roccioso, coperto di fieno e di stoppie calpestate, circondava la chiesetta, addossate alla quale sorgevano alcune stanze e una tettoja dove si riunivano le persone incaricate del buon andamento della festa.

Vicino alla chiesa sorgeva anche una specie di torre quadrata, con un rozzo belvedere, al quale si saliva per una scaletta esterna. La chiesa, le stanze, la torre, d’una costruzione primitiva, di pietre rozze e di fango, avevano preso il colore cupo e rugginoso delle roccie circostanti. A sinistra della chiesa, ai piedi del villaggio, sprofondavasi