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40 l’edera


Allora, nei tempi lontani della sua adoloscenza, la famiglia era ricca e potente. Servi e serve, mendicanti, bambini poveri, donnicciole, ospiti dei paesi vicini, cavalli, cani, cinghialetti e mufloni addomesticati animavano la casa. Un pescatore di trote veniva tutti i giorni a portare la sua pesca.

Regali andavano, regali venivano: qualche ospite s’indugiava in casa Decherchi persino quattro o cinque giorni, e la tavola era sempre imbandita. E mentre il cortile era sempre pieno di mendicanti, in cucina si nascondeva qualche povero vergognoso, cioè qualche individuo che mendicava segretamente, e al quale donna Rachele era lieta di fare la carità.

Annesa, allora, era servita e riverita dalle persone di servizio, come una signorina: più che figlia d’anima era considerata come figlia vera di donna Rachele, ed ella teneva le chiavi in saccoccia, e apriva persino il cassetto ove don Simone riponeva i denari, allora abbondanti.

Ella ricordava bene. E quante volte si era pentita di non aver messo a parte qualche somma, con la quale ora avrebbe potuto ajutare i suoi benefattori caduti in miseria!

Ella aveva partecipato a tutte le vicende della famiglia, in quella casa dove il destino l’aveva gettata come il vento di marzo getta il seme sulla roccia, accanto all’albero cadente. Ed era cresciuta così, come l’edera, allacciandosi al vecchio tronco, lasciandosi travolgere dal turbine che lo schiantava.