Pagina:L'edera (romanzo).djvu/40

38 l’edera


— Lo vedi? — egli disse, con rimprovero e sarcasmo, sollevandola e accarezzandola in viso come una bambina. — Tu stessa lo vedi, come sei sciocca a dirmi certe cose. Tu mi umilii sempre, e se non fossi te, a parlarmi così, non so cosa farei...

— Taci, taci, — ella riprese singhiozzando, io lo faccio per il tuo bene. Io sono la tua serva, e non dovrei far altro che tacere e ascoltarti in ginocchio... Tu hai ragione, Paulu: sono sciocca... sono sciocca... sono pazza. Certe volte ho idee strane, come quando si ha la febbre: vorrei andare per il mondo, scalza, mendicante, in cerca di fortuna per te... per voi... Non sgridarmi, Paulu mio, cuore mio caro, non sgridarmi... tu l’hai già detto una volta, che io sono come l’edera; come l’edera che si attacca al muro e non se ne distacca più finchè non si secca...

— O finchè il muro non cade, — mormorò l’uomo, col suo accento doloroso e beffardo. — Basta, non parliamone più. Caderina Majule si sposi qualche vecchio mercante di porci, se non ha potuto trovare altri... Io mi tengo la mia piccola Anna e... basta... E ora vado a cercare Ballore Spanu. Egli è ricco, lo sai: forse mi presterà lui i denari per impedire l’asta dei nostri beni. Voglio tentare. Dammi un altro bacio e sta allegra...

Ella gli porse le labbra tremanti, bagnate di lacrime, ed egli le raccolse fra le sue, come un frutto umido di rugiada, e ancora per un attimo entrambi dimenticarono tutti gli affanni, le miserie, gli errori che li separavano.