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34 | l’edera |
vinazzata, — forse la voce di Gantine, — cantava una battorina1 amorosa:
Bona notte, donosa, |
Ma Annesa non udiva, non vedeva nulla: sentiva soltanto d’esser vicina a Paulu, e piangeva d’angoscia e di piacere.
— Annesa, — egli disse alfine, quasi indispettito, — finiscila. Lo sai che non mi piace veder la gente triste.
— E tu sei forse allegro, tu?
— Non sono allegro, può darsi, ma non sono disperato! Dopo tutto, se i nostri beni saranno venduti come i beni d’un impiccato, la vergogna sarà più sua che nostra. Tutti sanno ch’egli potrebbe salvarci. Vecchio scorpione, maledetto avaro! Quando lo vedo sento il sangue montarmi alla testa. Se fossi un altro uomo lo soffocherei...
Paulu s’animò, s’agitò, strinse le mani, come per soffocare qualcuno. Annesa trasalì, s’asciugò le lagrime e disse con voce lamentosa:
— Morisse una buona volta, almeno! Ma non muore, non muore. Ha sette anime come i gatti...
— Sono stato a Nuoro, — raccontò poi il giovine. — Ho cercato denari in ogni buco. Mi avevano indicato uno strozzino, un vecchione nero e gonfio